Primo appuntamento per parlare di Legge e di e-Commerce, per dimostrare come la trasparenza da parte del merchant e, si spera in futuro una più snella struttura fiscale, possano portare il commercio elettronico a non essere più una novità nel nostro Paese.
La Legge nasce per regolamentare, fare chiarezza e tutelare. Il Web evolve sempre più verso due concetti chiave, trasparenza e proattività. Quest’ultima intesa come il dare all’utente l’informazione che sta cercando in un tempo pressoché immediato. Parlando di Legge e di vendite on line, il tutto ruota intorno al fornire il prodotto che l’utente cerca nella condizione di massima trasparenza possibile. Una trasparenza che agli occhi della Legge non rappresenta un plus, ma un obbligo per il merchant e una strada per aumentare la fiducia dei consumatori italiani verso le transazioni on line. I dati sono comunque incoraggianti, ma ancora non soddisfano gli addetti ai lavori. Il fatturato legato agli acquisti on line per l’intero 2013 è pari a 10 miliardi di euro, con una crescita del 17% rispetto al 2012. Da ottobre 2011 a luglio 2013 gli utenti e-Commerce in Italia sono passati da 9 a 14 milioni (fonte: intervista a Roberto Liscia, Presidente di Netcomm, il consorzio del commercio elettronico italiano – Corriere delle Comunicazioni). Ma con il Vecchio Continente che nel 2012 si è aggiudicato il titolo di primo mercato mondiale per l’e-Commerce con un fatturato complessivo di più di 305 miliardi di euro, superando gli Stati Uniti (280 miliardi di euro) e la regione Asia-Pacifico (216 miliardi di euro), i numeri italiani sembrano ancora timidi (fonte: ilsole24ore.com)
Cosa significa quindi per la Legge italiana trasparenza quando si parla di e-Commerce, e quali sono le norme che regolano un rapporto di vendita che può nascondere insidie tipiche di un contratto a distanza?
In Italia tra le principali norme a cui il merchant deve fa riferimento per convincere Legge e utente, il Decreto sul Commercio Elettronico (D.Lgs. 9 aprile 2003 n.70) e il Codice del Consumo legato a ciò che riguarda la tutela del consumatore da pratiche commerciali identificate come scorrette. La mancata osservanza di alcuni obblighi informativi posti da queste leggi, entrambe di derivazione comunitaria, comportano oltre che l’annullamento di un eventuale contratto di vendita stipulato, anche sanzioni amministrative. L’autorità competente in materia di pratiche commerciali scorrette è l’ Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM). l’Autorità può disporre l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000,00 euro a 500.000,00 euro, tenuto conto della gravità e della durata della violazione.
La pratica commerciale scorretta è una qualsiasi azione, omissione, condotta, o dichiarazione, comunicazione commerciale (compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto), posta in essere da un professionista in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un bene o servizio ai consumatori. Una pratica diventa scorretta e perciò illegale se è contraria alla diligenza, ed è falsa o idonea a falsare il comportamento economico del consumatore che essa raggiunge, inducendolo a prendere una decisione che non avrebbe altrimenti preso.
Le pratiche commerciali scorrette si dividono in ingannevoli e aggressive. Le prime si dividono a loro volta in azioni e omissioni di tipo ingannevole. Ciò che può essere definito come un’azione ingannevole è legato ad esempio ad un’informazione che, se pur di fatto corretta, può però indurre il consumatore in errore in relazione ad una o più parti del contratto. Sono considerate invece omissioni ingannevoli quelle informazioni mancanti, ma considerate come rilevanti per permettere al consumatore di prendere una decisione di natura commerciale pienamente consapevole. Le pratiche commerciali ingannevoli possono ad esempio riguardare il prezzo e il modo in cui è stato calcolato, le caratteristiche del prodotto, l’esibizione di un marchio senza averne l’autorizzazione, che questo sia di qualità o prettamente commerciale. Mentre, le pratiche commerciali aggressive, rappresentano delle azioni messe in atto dal merchant che possono essere identificate come sfruttamento di una posizione di potere rispetto al consumatore o come invadenti rispetto alla volontà di questo, al fine di limitare la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole. Un esempio di pratica aggressiva è l’effettuare ripetute e non desiderate sollecitazioni commerciali via telefono, posta elettronica o tramite altro mezzo di comunicazione a distanza.
La segnalazione di pratiche commerciali scorrette è facilmente attuabile da parte del consumatore come anche da parte di un concorrente, basta infatti una semplice telefonata alla Direzione dell’ AGCM . Ma non dovrebbe ovviamente essere questa la motivazione di chi gestisce o possiede un e-Commerce nell’essere il più chiaro possibile nei confronti dell’utente e del consumatore. Proprio per questo nei prossimi appuntamenti approfondiremo insieme il binomio commercio on line e trasparenza.